mercoledì 18 settembre 2013

Il “Concertainment” al Jazzit Fest – un nuovo paradigma nel fare cultura …

di Luca Ruggero Jacovella

Dal 5 all’8 settembre si è svolto a Collescipoli, un caratteristico borgo medievale in provincia di Terni, il JAZZIT FEST . L’innovativo evento, ideato da Luciano Vanni, editore dell’autorevole rivista JazzIt.

Il Jazzit Fest ha ospitato oltre 100 esibizioni, con 450 musicisti. Chiostri, piazzette, chiese sconsacrate …, ogni possibile spazio del piccolo borgo ha visto i protagonisti alternarsi in performance di jazz mainstream e moderno, di teatro e musica, piccoli e grandi ensemble, con giovani emergenti e nomi già affermati fianco a fianco.
Il primo Festival ad impatto zero”, così recitava lo slogan, non è ricorso ad alcun contributo pubblico, ed ha avuto il merito ulteriore di coinvolgere anche gli abitanti e gli operatori economici del paese in questo lungo, curioso e coraggioso happening.
“Il Festival che ha cambiato per sempre i paradigmi di fare cultura in Italia” è un’altra orgogliosa affermazione dell’ideatore. Noi crediamo che sia effettivamente così, almeno per quanto riguarda il nostro specifico focus di osservazione: il setting performativo dei tanti eventi che erano in programma.

Nel linguaggio comune, le esibizioni svoltesi al Jazzit Fest vengono definite “concerti”. Eppure il pubblico era libero di passeggiare per le vie, di entrare ed uscire dai luoghi deputati agli spettacoli, di ascoltare in maniera concentrata o di alternare l’attenzione alla conversazione con amici e compagni. Queste sono tutte condotte solitamente non appropriate a ciò che si intende comunemente per “concerto”. Difatti, nella fruizione tradizionale e romantica del concerto, l’ascoltatore ha un ruolo passivo, spesso anche suo malgrado, ed in rigida osservanza delle regole sociali che impongono silenzio e rispettoso immobilismo fisico fino alla fine delle esecuzioni.

Nel nostro caso invece, il pubblico (“fruitore”) era totalmente libero di assumere i comportamenti che preferiva. Molti hanno posto in essere azioni attive, quali la selezione di particolari momenti di una performance, poi la scelta di uscire e di selezionare successivamente altre performance in corso a pochi passi di distanza: una sorta di “editing” o di “telecomando” che agisce sulla creazione del proprio format di serata e di un proprio “paesaggio acustico”. I fruitori, quindi, hanno goduto della libertà nello spazio data convenzionalmente da ciò che intrattiene senza impegno, come “l’entertainment” (punto di vista etic), ma allo stesso tempo hanno avuto l’occasione di assistere a performance nelle quali la volontà artistica ed il modus operandi dei musicisti, riguardo la creazione dell’opera (aspetto poietico), erano espressi secondo le loro massime potenzialità ed i loro soggettivi valori espressivi più alti (punti di vista emic).

Questo tipo di esperienza e di relazione fra performer e fruitori lo abbiamo definito attraverso il neologismo “CONCERTAINMENT”.  Esso si realizza quindi, quando una performance artistica avente una intenzionalità concertistica “alta” (espressione di un “Kunstwollen” del musicista) viene de-localizzata e de-contestualizzata rispetto ai luoghi abituali, rendendo, nel contempo, liberi i fruitori di assumere qualsiasi condotta. Il Concerto e l’Entertainment si compenetrano creando una “nuova” forma di interazione fra produzione e ricezione (attiva) dell’opera. Modello certamente più consono allo spirito originario del jazz.

Il Jazzit Fest a Collescipoli è stato perciò palcoscenico di oltre 100 Concertainment in 4 giorni. Davvero un cambiamento di  paradigma nel fare cultura!